Mozart´s Tempo-System
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AUTORE                                                                                                                                                                                                                    versione per stampare
Helmut Breidenstein

"A cosa si riferiscono le indicazioni di tempo in Mozart?"

(La versione originale di questo articolo e stata pubblicata nella rivista tedesca "Das Orchester" 3/04. 
Titolo: "Worauf beziehen sich Mozarts Tempobezeichnungen?"
).

>>> Questa versione più lunga è pubblicata in una versione rivedutta in: "Il Saggiatore musicale", annata XIII, 2006, n. 2, p. 247-271 (Firenze, Leo S. Olschki, 2007).

RIASSUNTO: Tre quarti di tutte le indicazioni di tempo in Mozart non si riferiscono all'"unità di tempo" della battuta. Testi teorici del XVIII secolo e esempi pregnanti mostrano che per Mozart si trattava di più che della scansione fisica del tempo: tipo di battuta, valore delle note più piccole e termine indicante il tempo formavano insieme un complesso sistema di più di trecento moduli, per determinare struttura dell'accentazione, velocitá, carattere, articolazione, agogica e fraseggio, cioè del "mouvement" nel senso più ampio.

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A che cosa si riferiscono le indicazioni di tempo in Mozart?

Traduzione: Dott. Ino Turturo

(Per arrivare alle note in calce cliccare con il mouse sui numeri marcati in parentesi tonda. Grazie!)

Una domanda, che probabilmente ogni interprete di Mozart si sarà già posto un giorno. Le indicazioni di tempo di Mozart si riferiscono all'ottavo, al quarto o alla metà della battuta? Molti ritengono: "L'unica risposta sensata è: alle unità di tempo"(1). Esaminiamo questa questione sulla scorta di alcuni esempi.  

Poichè Mozart compose prima dell'invenzione del metronomo di Mälzel - e questo dal punto di vista storico-culturale non è un caso - possiamo riflettere senza bisogno di supporti tecnici su come siano da intendere le sue indicazioni di tempo. Considerando con esattezza i suoi autografi, in non pochi casi si può mostrare quanto egli prendesse la questione con serietà, come talvolta si sforzasse persino affannosamente di precisare le sue intenzioni riguardo a velocità, accentazione della battuta e tipo di esecuzione.

Per esempio: al I movimento della Serenata 'Posthorn' KV 320 Mozart scrisse prima «Allegro», poi vi prepose «Molto», poi lo cancellò e aggiunse «con spirito». Modificò l'«Allegretto» originario del Rondó in «Allegro ma non troppo» (vediamo noi, qui, ancora una differenza?). Al I movimento della Sinfonia in sol minore KV 550, così come al Credo della Messa dell'Incoronazione, modificò il suo «Allegro assai» in «Molto allegro». Al II movimento della Sinfonia KV 338 aggiunse nella parte del primo violino un «più tosto Allegretto» all'«Andante di molto».(2) L'«Andantino sostenuto» di «Dalla sua pace» di Don Ottavio divenne «Andante». Particolarmente chiara si mostra la sua ricerca della indicazione più precisa al 4. movimento del Quartetto in re min. KV 421: Mozart cancellò l'originario "Allegretto" e lo sostituì con «Andante»; poi cancellò questo e vi riscrisse sotto «Allegretto»; ancora più tardi completò quest'ultimo, in un inchiostro più chiaro, con un «mà non troppo»! Che fini sfumature. E vi sono ulteriori esempi di questo tipo. La frequente opinione che queste indicazioni di tempo 'verbali' non siano, più o meno, che indicazioni di carattere, e che Mozart evidentemente non le intendesse in maniera così precisa, diventa pressoché insostenibile.

Mozart stesso si prese gioco delle occasionali sofisticherie verbali quando scrisse, al Rondò del Quartetto per Flauti in la magg. KV 298, «Allegretto grazioso, ma non troppo presto, però non troppo adagio. Così-così-con molto garbo ed espressione»; ma attingeva ad una riserva di più di trecento moduli di tipo di battuta + classe delle note più piccole + termine indicante il tempo, per trascrivere ciò che allora si chiamava «Bewegung» o «mouvement».

Se noi oggi coll'espressione «indicazioni di tempo» intendiamo quasi esclusivamente le denominazioni di questo, ci sfugge il fatto che nel Settecento il primo mezzo per definire il tempo era il tipo di battuta; ogni tipo di battuta aveva il suo proprio «movimento naturale». Johann Philipp Kirnberger scrive nel 1776 (3): «Inoltre [il compositore] deve aver acquistato una giusta sensibilità per il movimento naturale di ogni tipo di battuta, o per ciò che è il tempo giusto. ... Riguardo al tipo di battuta, quelle con [unità di] tempo più grandi come la battuta Allabreve*, quelle di 3/2 e di 6/4 sono di movimento più pesante e più lento di quelle con [unità di] tempo più brevi come quella di 2/4, 3/4 e 6/8, e queste sono meno vive della battuta di 3/8 e di 6/16. ... Grave e molto seria è la battuta di 3/2, dolce e nobile sembra essere il carattere di quella di 3/4, particolarmente quando essa consiste esclusivamente o prevalentemente di semiminime. La battuta di 3/8 è di una vivacità che ha qualcosa di baldanzoso.»(4)

Numerose altre fonti confermano che nel Settecento le battute di 3/8 venivano suonate più veloci di quelle di 3/4; eppure nelle rappresentazioni spesso non si sente alcuna differenza tra l'ottimista «Hier soll ich dich denn sehen» (Andante 3/8) di Belmonte e il suo funebre duetto con Konstanze «Meinetwegen sollst du sterben!» (Andante 3/4). Allo stesso modo i secondi movimenti del Quartetto con pianoforte in sol min. KV 478, del Trio con pianoforte in sol magg. KV 564 e del Concerto per pianoforte in mi bem. magg. KV 482 (Andante 3/8) vengono eseguiti lenti come «Tamino mein, oh welches Glück» di Pamina (5) o del Fandango nel Finale del III atto di «Figaro»(6) (Andante 3/4).

Il secondo elemento per determinare il tempo erano i valori delle note rilevanti più piccole.(7) Queste ultime, ancor più che lo spesso trascurato tempo proprio delle battute «grandi» e «piccole», hanno contribuito a che le indicazioni di tempo di Mozart venissero considerate inconsistenti. Che cosa significa, in una battuta di 3/4, «Allegro»? Il primo movimento del Trio con pianoforte KV 542 con le sue molte biscrome non può essere veloce come i secondi o terzi movimenti dei Quartetti KV 387, 428 e 465, che contengono solo ottavi. E cosa significa «Allegro» in 4/4? L'Aria del registro di Leporello «Madamina», che ha quasi solo ottavi, deve essere presa naturalmente più veloce del Duetto N° 22 «Oh statua gentilissima» con le sue catene di semicrome in spiccato. Vediamo di nuovo cosa dice Kirnberger: «Riguardo ai tipi di note, i ... pezzi in cui appaiono passaggi in semicrome e biscrome hanno un movimento più lento di quelli le cui note più veloci sono ottavi o al massimo sedicesimi. ... Pertanto il Tempo giusto* viene determinato dal tipo di battuta e dai tipi di note più lunghe o più brevi di un pezzo.»(8) Ciò che al principio appare come una contraddizione sono invece sottocategorie, in sé coerenti, del sistema: in Allegro 4/4 vi sono in Mozart 32 brani o parte di brani della 'categoria tempo giusto' «senza sedicesimi» e 116 brani o parte di brani della 'categoria tempo giusto' «con sedicesimi»; in Allegro 3/4 vi sono 26 brani che hanno come note più brevi «solo ottavi», 67 brani «con sedicesimi» e un brano - appunto il Trio con pianoforte in Mi - che contiene delle biscrome musicalmente rilevanti. Johann Abraham Peter Schulz scrive: «Un pezzo contrassegnato con "allegro", le cui note più frequenti e più veloci siano degli ottavi, ha un andamento di battuta più veloce che nel caso in cui queste note siano dei sedicesimi, mentre ha un andamento più moderato se queste note sono dei trentaduesimi; e così anche negli altri tipi di movimento.»(9)

Solo al terzo posto, dopo tipo di battuta e tipo di note più brevi, seguiva la modificazione del tempo giusto mediante indicazioni verbali: «Se il giovane compositore ha per prima cosa la percezione del tempo giusto, allora si rende presto conto di quanto i termini largo, adagio, andante, allegro, presto, ... aggiungano o sottraggano velocità o lentezza al naturale movimento dalla battuta».(10)

Come tipi di battuta Mozart adopera , ¢, 2/4, 3/4, 4/4; 3/8, 6/8 e 12/8;(11) inoltre alcune battute, che vorrei chiamare «virtuali» perché non sono riconoscibili dalla sigla: le battute non dichiarate 4/8, che Mozart (come pure Haydn e Beethoven) nota sempre come 2/4, e la altrettanto poco conosciuta sottospecie del 6/8 che consiste in realtà di due battute unite di 3/8; cosí come, oltre alla battuta di 3/4 in uno, la «pesante battuta di tre quarti» (Fr. W. Marpurg) con i suoi tre centri di gravità.

Per denominare il tempo Mozart si serve di 97 termini diversi. Sono state tramandate 19 modificazioni verbali autografe del termine «Allegro», 17 di «Andante», 6 di «Allegretto», 4 di «Adagio», 5 di «Andantino», 3 di «Presto», 4 di «Menuett» o «Tempo di Menuetto». Inoltre abbiamo «Marcia», «Moderato», «Largo» e «Larghetto», come anche «Maestoso», «Vivace», «Grazioso» e «Cantabile», usati come denominazioni autonome; senza dimenticare alcuni termini tedeschi usati nei Lieder.

(Termini indicante il tempo autografe Mozartiane)

Non è forse da supporre, in presenza di un tale potenziale di differenziazione, che Mozart si aspettasse che brani con la stessa denominazione di tempo venissero eseguiti all'incirca con lo stesso tempo? Esecuzioni 'tradizionali' del primo movimento della Sinfonia in sol minore e del quarto della «Jupiter» (entrambi «Molto Allegro ¢») mostrano tempi enormemente differenti. Il solitamente troppo veloce «Andante ¢» dell'aria di Donna Anna «Or sai chi l’onore» in «Don Giovanni» e l'«Andante ¢», tradizionalmente suonato «Adagio», dell'Ouvertüre differiscono a volte del 100%.

Riguardo alle partiture manoscritte, va detto che del totale di 2.420 indicazioni di tempo (senza contare i brani brevi nei recitativi e i frammenti) soltanto 1.391 sono dello stesso Mozart (e solo su questi si può discutere sensatamente). Nel 39% del totale o è andato perduto l'autografo, o l'autografo non ha indicazione di tempo, o è presente un'indicazione di altra mano, spesso anonima, e neanche sempre del tempo di Mozart. Poiché le edizioni «Urtext» a volte non differenziano in modo affidabile, andrebbe sempre presa a confronto la Neue Mozart Ausgabe, nella quale le indicazioni di tempo non autografe sono solitamente segnate in corsivo o vengono ricondotte, nella premessa o nel commento critico, a una determinata fonte. Questo permette all'interprete di decidere da sé se considerare conforme a Mozart la denominazione del tempo o il tipo di battuta. Purtroppo questo principio, stabilito nelle linee editoriali dell'edizione, non è stato mantenuto in maniera conseguente; in circa 150 casi(12) - tra i quali vi sono aggiunte arbitrarie del curatore - per la pratica esecutiva sono urgentemente necessari chiarimenti nei volumi di aggiornamento della NMA.

A cosa si riferiscono le indicazioni di tempo di Mozart? Se alle «unità di tempo», allora bisognerebbe chiarire che cosa intendiamo con ciò: sono esse il denominatore del numero frazionario? Evidentemente no: in un Adagio 4/4 non si contano i quarti, ma gli ottavi (ma non «adagio», bensì in un tempo che corrisponde all'incirca ai quarti in Allegretto 4/4), al contrario in un Allegro 3/8 si contano, nello stesso tempo, semiminime col punto. In un tempo ¢ veloce si batte il tempo in minime lente, in un ¢ lento in semiminime scorrevoli. «Unitá di tempo» e valore delle note battute dal direttore non sono nulla più che mezzi di supporto alla pratica esecutiva, e solo molto limitatamente sono correlati alle indicazioni di tempo.

Già dal momento in cui le opere di Mozart non furono più dirette, come era usuale in Germania nella sua epoca, dal primo violino o dal cembalista,(13) bensì alla maniera moderna da un direttore che batte la battuta (quindi da poco dopo la sua morte), cominciò a porsi la questione che ci riguarda, a quale unità battuta dal direttore o unità di tempo si riferisse l'espressione indicante il tempo: alla semibreve, alla minima, al quarto o all'ottavo? Ma questa domanda, che ancora nella letteratura più recente porta su vicoli ciechi, è stata posta male sin dall'inizio.(14) La risposta può essere solo: nella maggior parte dei casi, né una cosa né l'altra! Hans Gál ha fatto presente già nel 1939 nel suo articolo «The Right Tempo»: «The solution of the whole riddle is that they [Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert] had not the slightest intention of connecting the tempo indications with the beat.» La denominazione della battuta non è, nell'epoca classica, un'indicazione direttoriale.(15) E, benché Gál venisse da Vienna, aggiungeva: «I have rarely met a musician who was aware of this fact.» In effetti si tratta di una pulsazione, più veloce o più lenta, di cellule musicali, non delle cellule del direttore. Dice bene Mattheson: «Quanto meno uno capisce di musica, tanto più suddividerà la battuta».(16)

Senza sforzo si lasciano mettere in correlazione le espressioni indicanti il tempo con la «normale» (vale a dire contenente dei sedicesimi) battuta di 4/4, neutrale «forma originaria della battuta moderna» (W. Seidel), per la quale esse sono quasi scritte su misura. Qui i quarti in «Andante 4/4» sono appunto «camminati» (quanto veloci o lenti, è un tema a sé), in «Allegro» «allegri», cioè più veloci, in «Allegretto» abbastanza veloci, in «Allegro assai» molto veloci (per quanto l'«unitá di tempo» diventi qui la minima). Sembra facile, anche se per la genericità delle indicazioni questo non basta per una precisa determinazione del tempo. Piú problematiche - e origine della questione - sono le battute «virtuali» sopra menzionate, prima di tutte il 6/8, che vorrei quindi prendere come esempio per la nostra ricerca. Qui l'alternativa esistente di riferirsi come «unità di tempo» alla croma o alla semiminima col punto, avendo la stessa denominazione di tempo, porta a una differenza di tempo del 300%. Consideriamo i seguenti esempi.

1. In primo luogo l'Andante 6/8 modello Aria di Pamina

  • - «Ach, ich fühl’s», aria di Pamina in sol minore N.17 nel Flauto Magico;

  • - il II Movimento del Trio con pianoforte in sol KV 496;

  • - i II movimenti della Sinfonia in sol minore KV 550 e della Sinfonia «Linz» KV 425

  • - il Rondó per pianoforte in la minore KV 511

  • - l'Aria per basso «Per questa bella mano» con contrabbasso obbligato KV 612.

es. 1 Il Flauto Magico N. 17  +  es. 2 K 496, II

2. in secondo luogo l'Andante 6/8 modello «Pace, pace»

  • - «Pace, pace, mio dolce tesoro», battuta 275 nel Finale IV atto di «Figaro»

  • - "Vostre dunque saran queste carte", battuta 605 nel Finale IV atto di «Figaro»

  • - «Una donna a quindici anni», 1. parte dell'aria di Despina N. 19 in «Cosi fan tutte»

es. 3 Figaro, "Pace, pace"  +  es. 4 Cosi fan tutte, N. 19

3. in terzo luogo l'Andante 6/8 modello Sinfonia «Praga», KV 504, II movimento

  • - «Oh Engländer, seid ihr nicht Toren», 2. parte del Duetto Osmin, Blonde, «Ratto dal serraglio» N.9

  • - l'«Incarnatus est» nella Messa in do minore («Credo-Messe») KV 257

  • - il II movimento del Quartetto d'archi in re min. KV 421

  • - il I movimento del Trio con pianoforte in Mi bem. ("Kegelstatt-Trio") KV 498

  • - «Deh prendi un dolce amplesso», Duettino N. 3 in «Titus»

  • - Sinfonia «Pariser» KV 297 [300a], II movimento (originariamente «Andantino»

  • - Quartetto d'archi in fa KV 590, II movimento (nella prima edizione a stampa «Allegretto»).

es. 5 K 504, II  +  es. 6 Ratto, N. 9

Cosa deve valere, allora, come «Andante 6/8»: il tempo lento (quasi sempre troppo lento) dell'aria di Pamina e del Trio con pianoforte KV 496 o il tempo evidentemente meno lento di «Pace, pace» in Figaro e dell'aria di Despina? E dove collocare le sinfonie Praga e Pariser, «Oh Engländer» di Osmin e i brani di musica da camera menzionati? Da duecento anni se ne discute, e non sempre in maniera sufficientemente pertinente. «Andante» significa «che cammina»: chi cammina?? Il professore dalla sua scrivania alla sua libreria o la musica, un'ente immateriale? «Andante» era nel Settecento «quel movimento che tra il veloce e il lento mantiene il mezzo»(17). J. J. Rousseau lo definisce come corrispondente al «gracieux», Daniel Schubart «un movimento camminato, che bacia la linea di confine con l'allegro»(18). Solo nell'Ottocento, con la sua musica pesante, andante assunse il significato di «lento», che da allora in poi influenzò in maniera così funesta l'interpretazione di Mozart. Il problema esiste ancora oggi: tempi lenti vengono spesso ulteriormente rallentati a tal punto, che solo tralasciando le ripetizioni ci si può salvare dalla noia. Uno dei principali equivoci è la credenza che l'«andare» dell'andante sia inteso in senso fisico, e si riferisca a parti della battuta o all'«unità di tempo».

Se negli esempi di 6/8 summenzionati si prende la mezza battuta come unità di tempo, si vedrà che si devono assegnare alla stessa definizione «Andante» almeno tre tempi completamente differenti. E che valore dare alle modificazioni di Mozart per «Andante» come «con moto», «sostenuto», «moderato», «maestoso», «un poco adagio», «cantabile», «di molto», «più tosto Allegretto», perché non le ha scritte qui? La soluzione dell'enigma mi sembra che riguardo all'Andante 6/8 di «Ach, ich fühl’s» e a quello di «Pace, pace» si tratti di due tipi di battuta uguali all'apparenza, ma completamente diversi: un 6/8 consistente in due battute di 3/8 messe insieme (Aria di Pamina, Trio con pianoforte in sol, Sinfonia in sol minore) e un 6/8 «semplice» consistente della battuta di 2/4 'terzinizzata' («Pace, pace»). Il modello «Sinfonia Praga» ha anche una battuta di 6/8 composta (3/8+3/8), ma un tempo un po' più veloce perché - al contrario dei brani del modello «Aria di Pamina» - non contiene biscrome di importanza rilevante per il tempo.

Dal XVIII secolo ad oggi persiste comunque una grande confusione terminologica: molti teorici classificavano e classificano come «composte» (o anche: «miste») le battute 9/8, 12/8 e la «semplice» 6/8, che dovrebbero essere chiamate piuttosto «suddivise», poiché non sono altro che battute di 3/4, 4/4 e 2/4 suddivise in terzine di crome. Altri come Koch, Kirnberger, Schulz, Weber, Fink adoperano la definizione «composto» per battute che effettivamente sono composte da due battute più piccole, come 4/4=2/4+2/4, 6/8=3/8+3/8 e 2/4=2/8+2/8. Io vorrei seguirli in questo, perché mi sembra che l'essenza delle battute di questo tipo, così importanti per la comprensione delle opere classiche, venga così colta al meglio. Poiché il fenomeno delle battute in questo senso «composte» nella letteratura sin dalla fine del XVIII secolo non viene quasi menzionato (neanche nei più recenti dizionari come il «Musik in Geschichte und Gegenwart II», 1994-98, e il «New Grove Dictionary of Music and Musicians» 2001), scegliamo nell'ambito del presente saggio alcune spiegazioni, dalle tante che i teorici della musica del tempo di Mozart dettero in proposito:

 - Heinrich Christoph Koch (1749-1816, esattamente contemporaneo di Mozart e conoscitore della sua musica, apostrofato da Hugo Riemann come «uno dei maestri di composizione più illuminati del suo tempo»; il suo «Versuch einer Anleitung zur Komposition» [Tentativo di una introduzione alla composizione] era descritto da F. J. Fétis ancora nel 1878 come il migliore apparso fin allora). Egli scrive nel suo «Dizionario musicale» del 1802: "Battuta di 6/8. Questo termine contrassegna due tipi di battuta che differiscono sostanzialmente l'uno dall'altro, e cioè 1) la semplice battuta mista che si ottiene dalla battuta di due quarti quando a ogni quarto viene aggiunto un punto, e 2) la battuta composta di due battute di tre ottavi, che si differenzia dall'altra per il fatto che in ogni battuta vi sono due tempi forti [gute Taktzeiten] e due tempi deboli [schlimme Taktzeiten]."(19)

 - Johann Philipp Kirnberger in «Die Kunst des reinen Satzes in der Musik» [L'arte della pura composizione nella musica], 1776: "Inoltre si distinguono le battute semplici da quelle composte: le semplici sono costruite in modo tale che ogni battuta ha un solo baricentro [einen Fuß], che non può venir diviso nel mezzo; le battute composte al contrario, poiché sono formate da due semplici, possono essere divise nel mezzo."(20) E poi: "Sia nelle battute pari di due tempi che nelle battute ternarie esistono melodie in cui chiaramente battute intere sono alternativamente di accento forte o debole [von schweren und leichtem Gewichte], cosicché un'intera battuta si percepisce solo come una unità di tempo. Quando la melodia è tale, ... è necessario prendere due battute insieme. ... Se quest'unione non si verificasse si otterrebbe ... una melodia con soli tempi forti, che sarebbe appunto inappetibile, come un periodo del discorso che consistesse solo di monosillabi, ciascuno con un accento. Da ciò si sono formate le battute composte, cioè la battuta composta 4/4 da due 2/4 uniti, la battuta composta 6/8 da due battute di 3/8 unite ecc.. In pratica quest'unione di due battute ha luogo solo affinchè i musicisti possano adottare la giusta interpretazione, ed eseguano la seconda metà di una simile battuta più leggermente della prima. ... Riguardo all’esecuzione pesante o leggera e al movimento, le battute composte non sono diverse dalle semplici.»(21)

Qui una lista di esempi di diverse categorie di tempo nella battuta di 6/8(22):

Adagio 6/8:

      «semplice»:

  • Sonata per pianoforte in fa magg. KV 280, II mov.

      composta:

  • Concerto per pianoforte e orchestra in la magg. KV 488, II mov.

Andante 6/8:

      «semplici»:

  • "Pace, pace, mio dolce tesoro", «Figaro» Finale IV atto, battuta 275

  • "Vostre dunque saran queste carte", «Figaro» Finale II atto, battuta 605

  • "Una donna a quindici anni", Aria di Despina, «Cosi fan tutte» N. 19

      composte:

  • «Ach, ich fühl’s, es ist verschwunden», Aria di Pamina, «Zauberflöte» N.17

  • Sinfonia in sol minore KV 550, II mov.

  • Trio con pianoforte in sol maggiore KV 496, II mov.

Allegretto 6/8:

      «semplici»:

  • "Ich sollte / ich sollte / ich sollte fort!", «Zauberflöte», Introduzione, b. 120

  • «Di pasta simile son tutti quanti», «Cosi fan tutte», N. 12 Aria di Despina, b. 24

      composte:

  • "Seid uns zum zweiten Mal willkommen", «Zauberflöte», Terzetto N. 16

  • Concerto per pianoforte e orchestra in fa magg. KV 459, II mov.

  • Trio con pianoforte in sol magg. KV 564, III mov.

Allegro 6/8:

      «semplici»:

  • "Giovinette che fate all'amore", «Don Giovanni», Coro N. 5

  • i III movimenti dei Concerti per pianoforte e orchestra in mi bem. magg. KV 482 e in si bem. magg. KV 595

  • Quintetto d'archi in re magg. KV 593, IV mov.

      composte:

  • "Dann schmeckte mir Trinken und Essen", «Zauberflöte», Aria Papageno N. 20

  • «Papagena! Papagena!», «Zauberflöte», Arietta di Papageno, N. 21, batt. 413

  • Quartetto con oboe in fa magg. KV 370, III Satz, Rondeau (6/8 + ¢ !) (23)

  • Quintetto d'archi in sol min. KV 516, III mov., 2. parte

  • Trio con pianoforte in do magg. KV 548, III mov.

In una pubblicazione dal titolo «Mozarts Tempo-System. Zusammengesetzte Takte als Schlüssel» [Il sistema di tempi di Mozart. Battute composte come chiave di lettura] ho esposto esaurientemente questa tematica.(24) Una lista dei suoi 395 brani in 2/4, divisa in battute di 2/4 semplici e in 4/8 virtuali, deve restare riservata alla mia ricerca generale su tutte le indicazioni di tempo di Mozart. Questa sarà dedicata particolarmente ai movimenti di mezzo delle sinfonie che, ad eccezione delle sinfonie KV 183, 202 e 338, sono tutti in 4/8 «virtuali» ma che, non riconoscendo il «movimento proprio» più leggero delle battute «piccole», vengono suonati spesso come battute di 4/4 con note di valore raddoppiato, ossia troppo lentamente.

Qual'è ora la risposta alla nostra domanda su quale sia l'unità musicale di riferimento dell'espressione di tempo? Ricordiamo qui Kirnberger: «Dunque il tempo giusto viene stabilito attraverso il tipo di battuta e i tipi di note più lunghe e più brevi di un pezzo. Se il giovane compositore ha per prima cosa la percezione di questo, allora si rende presto conto di quanto i termini largo, adagio, andante, allegro, presto ... aggiungano o sottraggano velocità o lentezza al naturale movimento della battuta».

È pressoché impossibile dire più chiaramente quale ruolo secondario abbiano le denominazioni del tempo. Tutte le benvolute teorie secondo le quali i tempi di Mozart siano da riferire al battito del polso (quale? – 60/min. a colazione, 80 alla prova o 120 alla recita?), al respiro o al passo, e rispettino tra loro relazioni come 1:2, 1:3 o 2:3, devono fallire completamente, nella loro naturalistica lontananza dall'arte, la comprensione di ciò che i musicisti del XVIII secolo intendevano con «Bewegung» o «mouvement».(25) Anche Joachim Quantz, di cui continuamente e ossessivamente si è abusato come testimone di relazioni al battito cardiaco e di proporzioni di tempo (con la sua tabella (battiti del polso/tempo), pensata per gli allievi(!)), dice a proposito dei tempi: «Ve ne è in musica una tale varietà, che non sarebbe possibile indicarle tutte». E Johann Abraham Peter Schulz: «che il movimento sia capace di infinite gradazioni del veloce e del lento, che sarebbe impossibile definire con parole o altri segni.» O Carl Czerny: «che dal movimento più lento al più veloce ci sono innumerevoli sfumature, che sono applicabili a ogni tipo di battuta.»(26) Così ha visto finora la questione certamente anche la maggior parte dei musicisti esecutori.

Che la superstizione di pretese relazioni di tempo in Mozart - di cui nessun teorico del XVIII sec. fa menzione - trovi ancora dei seguaci, ha secondo la mia irrispettosa opinione la sua ragione nel fatto che, con due tempi di seguito che si trovino in rapporto 1:2, il direttore non deve battere un nuovo tempo, e questo quindi non può tentennare.(27) Ma per l'ascoltatore, che non sa nulla della notazione, scorre tutto nel medesimo tempo. È questo ciò che Mozart aveva in mente, o i più di trecento moduli composti da tipo di battuta + tipo di note + termine indicante il tempo non sono forse l'articolazione di un ricchissimo cosmo di velocità, accentazioni nella battuta e modi di suonare, una molteplicità che si manifesta anche nella sua melodia e armonia, nel suo ritmo, nella sua metrica musicale e nel suo linguaggio formale?

Il senso delle «indicazioni di tempo» combinate - ovvero: Perché Mozart la fa tanto complicata?

Nel medium neutro della «normale» battuta di 4/4 si è potuta indicare, attraverso la combinazione di tipo di note e termine indicante il tempo, una ricca scala di velocità, come si è esposto. Lo stesso metodo di riferire la denominazione del tempo all'unità di tempo funziona anche con la «pesante» battuta di 3/4, con la «semplice» battuta di 2/4 e con le «semplici» battute di 6/8 originate dalla «terzinizzazione» della battuta di 2/4 (Kirnberger le chiama anche 6/8 «nate»). Tutti questi tipi di battuta riferiscono il termine indicante il tempo a parti della battuta, come siamo abituati a fare dall'epoca romantica: qui i quarti sono in «Allegro» effettivamente relativamente veloci, e in «Andante» «andanti» nel senso del camminare. Per le battute più piccole e più grandi però, così come per le battute composte, a causa del loro «naturale» tempo proprio, un simile riferirsi del termine indicante il tempo a una parte di una battuta è impossibile. Nell'Allegro ¢ le minime non sono in alcun modo veloci, e nell'Andante 3/8 le crome non sono lente. Le unità di tempo della battuta «grande» ¢ sono a parità di denominazione del tempo più lente di quelle di una battuta di 4/4, e quelle delle battute più piccole «4/8», 3/8, 3/4 «in uno» e 6/8 «composta» (3/8 + 3/8) sono più veloci.

Esiste un incremento della velocità dei tempi, sia nella denominazione dei tempi da «Largo» a «Prestissimo», che allo stesso modo, indipendentemente da questa, nelle battute da C a 3/8. Ecco il tentativo di uno schema, per ora solo della metà più lenta dei tempi:

  • C: Largo     Adagio     Larghetto      And. sost.     Andante And.con moto Allegretto

  • 3/4 (a 3): Adagio         LarghettoAnd. sost.  Andante And.con moto

  • 3/4 (a 1): Adagio Larghetto And. sost.   Andante And.con moto

  • 3/8: Larghetto And. cant. Andante

In questa comparazione di tempi appaiono molte sovrapposizioni: i quarti in un «Andante C» hanno all'incirca la stessa lentezza di quelli di un «Larghetto 3/4 in uno»; in un «Andante 3/4 in uno» hanno la moderata lentezza degli ottavi in un «Andante cantabile 3/8»; in un «Andante 3/8» gli ottavi hanno la 'baldanza' dei quarti in un «Allegretto 4/4». Le battute ¢, 2/4 e «4/8» vengono qui tralasciate per motivi di spazio; in una esposizione completa si mostrerebbe che la teoria didattica aggirantesi nei manuali, che la battuta ¢ sia «veloce il doppio» del 4/4, con Mozart e Haydn non risulta vera.(28) Si prenda, tra numerosi esempi, il solo Allegro ¢ dell'Ouverture del Flauto Magico al confronto dell'Introduzione N. 1 («Zu Hilfe! Zu Hilfe!»), oppure l'Andante ¢ «Bald prangt, den Morgen zu verkünden» rispetto all'Andante 4/4 «Heil sei euch Geweihten». Secondo me, però, entrambi gli esempi rendono non condivisibile anche l'opinione opposta, che in Mozart non ci sia differenza tra 4/4 e ¢. Dalla collazione fra loro di tutti i suoi brani in 4/4 e ¢ si osserva che le semiminime del ¢ non sono veloci il doppio, ma comunque significativamente più veloci di quelle in 4/4.

Come regola approssimativa per la velocità si può indicare (tranne che per lo stile antico):
una battuta in ¢ corrisponde a una battuta in 4/4 del tempo più veloce successivo, vale a dire: 
      Larghetto ¢ = Andante C, Andante ¢=Allegretto C, Allegretto ¢=Allegro C

Lo stesso per il 2/4 in relazione al 4/8:
una battuta in 2/4 corrisponde a una battuta in 4/8 del tempo più veloce successivo:
      Larghetto 2/4=Andante 4/8, Andante 2/4=Allegretto 4/8, Allegretto 2/4=Allegro 4/8

Perché Mozart e Haydn non hanno semplificato questo complicato sistema, e non hanno evitato, per facilitare il nostro compito, le sovrapposizioni? La ragione sta nel fatto che tutti questi tipi di battute, categorie di note predominanti e termini indicanti il tempo sono associati a diversi tipi e modelli compositivi, e richiedono schemi esecutivi diversi. «Ogni tipo di battuta ha la sua propria realizzazione e il suo proprio naturale movimento, ... non è affatto indifferente in quale battuta un pezzo venga scritto ed eseguito.»(29)

Daniel Gottlob Türk dice nel 1789 nella sua «Klavierschule», ad incoraggiamento di una «esecuzione logicamente giusta»:

«§ 46 Dal movimento si può allo stesso modo determinare se bisogna scegliere un'esecuzione leggera o grave. Un Presto deve essere eseguito più leggero di un Allegro; questo più leggero di un Andante ecc.. L'esecuzione più pesante quindi, nel complesso, viene richiesta dai brani con movimento lento.

§ 47 Quanto più grandi sono le parti o le unità di tempo della battuta, tanto più pesante deve essere l'esecuzione. Così ad esempio un pezzo in 3/2 va eseguito molto più gravemente che se fosse in 3/4 o addirittura in 3/8.

§ 48 Diverse categorie di note richiedono, anche senza considerare il tipo di battuta, un'esecuzione più o meno pesante. Se un pezzo ad esempio consiste in gran parte di note più lunghe come semibrevi, minime o semiminime, la realizzazione deve essere più pesante che quando vi sono mescolati molti ottavi, sedicesimi ecc.. In particolare le note puntate, sia riguardo alla suddivisione che all'esecuzione più grave o più leggera, richiedono a seconda delle circostanze un trattamento molto differente.

§ 49 Anche a seconda dell'armonia e dell'andamento dei singoli intervalli si richiede un'esecuzione più grave o più leggera. Perché un brano con molte dissonanze va eseguito più pesantemente di uno in cui siano state utilizzate solo leggere armonie consonanti. Pezzi con molti passaggi veloci richiedono, in generale, un'esecuzione più leggera di quelli in cui compaiono molti brani cantabili. In particolare, brani con molti salti vengono realizzati ancora più leggermente di quelli che procedono per grado congiunto, ecc..»(
30)

Sul tipo di esecuzione richiesto dai termini indicanti il tempo, Joh. Friedrich Reichardt dà nel 1776 istruzioni molto concrete:

«Dunque il colpo d'arco nell'Adagio è assai diverso da quello in un Allegro, e se ne differenzia principalmente per il fatto che resta più sulle corde che nell'Allegro. Solo una pausa deve allontanare del tutto l'arco dalle corde. Anche sulle note contrassegnate col trattino ( l ) per lo staccato, e anche nelle sollevare l'arco, esso non deve alzarsi completamente dalle corde, bensì almeno restare su di esse con un ottavo dei crini. In Andante l'arco deve avere la leggerezza dell'arcata dell'Allegro, senza la sua incisività, e nel sollevare l'arco senza la sua velocità. Lo stesso in Allegretto: solo che qui l'arco acquista un po' più di vitalità e a volte anche un po' di incisività. Ma nell'Allegro finalmente sono assolutamente necessarie l'incisività dell'arco nelle note staccate e la velocità nei sollevamenti dell'arco.»(
31) E a proposito della dinamica: «Il forte nell'Adagio è molto diverso da quello nell'Allegro. Quest'ultimo riceve attraverso il frequente staccato e i sollevamenti marcati dell'arco un aspetto diverso: poiché in Adagio non è mai necessario sollevare l'arco in maniera marcata. Anche il movimento dell'arco dev'essere in Adagio meno veloce; quindi in Adagio non resta altro, per un suono forte, che la pressione dell'arco.»(32)

Johann Abraham Peter Schulz riassume il tutto in modo insuperabile:

«Per avere ora tutti i tipi di battuta insieme, sarebbero sufficienti un battuta di due tempi e una di quattro, per le battute binarie, e una di tre tempi per le ternarie; una chiara e precisa denominazione del movimento, da anteporsi al pezzo, dovrebbe definire la velocità o la lentezza con la quale il pezzo debba essere eseguito. Di più, viene suggerito, non sarebbe richiesto da nessun pezzo, riguardo al tipo di battuta e di movimento. [Questa opinione, qui descritta come errata, corrisponde precisamente alla concezione romantica, e anche all'attuale.] Ma pur tralasciando che il movimento di un pezzo è suscettibile di infiniti gradi del più veloce e del più lento, che sarebbero impossibili da definire a parole o altri segni, comunque sarebbero necessari altrettanto infiniti segni o parole per definire l'esecuzione del pezzo, se grave e robusto, oppure più leggero e mezzo forte, o leggerissimo e per così dire scherzando. Perché da questo dipende l'intero carattere dell'interpretazione. Fa un'enorme differenza, ... se un pezzo, a prescindere dal tempo, viene suonato sul violino con l'intero peso dell'arco, o leggermente e solo con la punta. Qui non si tratta di un'esecuzione artificiale, ma di una interpretazione fondata nel carattere del pezzo stesso, senza la quale la musica diventerebbe una rigida e noiosa uniformità, e che bisogna saper riconoscere per poterla cogliere.

Se il compositore desidera un'esecuzione leggera e allo stesso tempo un movimento lento, allora sceglierà, secondo il carattere più o meno leggero dell'esecuzione, un tipo di battuta con unità di tempo più o meno brevi, e si servirà dei termini andante o largo o adagio ecc., giacché la lentezza del pezzo deve superare il naturale movimento della battuta; e al contrario: se un pezzo deve essere eseguito con pesantezza, e allo stesso tempo avere un movimento veloce, egli sceglierà una battuta pesante, a seconda del carattere che l'esecuzione deve avere, e lo contrassegnerà come vivace, allegro o presto. Se un interprete esperto esaminerà le categorie delle note di un tale pezzo, allora sarà in grado di coglierne il carattere e il tempo conformemente ai pensieri del compositore; così precisamente, almeno, come non si potrebbe esprimerli con altri segni o altre parole, anche le più chiare.»(33)

Diagramma: lento/pesante – veloce/leggero

Come si vede, per le norme riguardanti il tempo nel tardo Settecento non si tratta solo della velocità fisica di cui noi ci interessiamo di solito come prima cosa, ma dell'«esecuzione» come un tutto. ¢, 3/4, 3/8, «4/8» e il tempo composto 6/8 (3/8+3/8) prevedono un proprio «movimento della battuta», che non corrisponde a quello della «regolare» battuta di 4/4. Questo movimento viene modificato secondo la categoria delle note più piccole adoperate e l'espressione indicante il tempo. «Indicazione di tempo» non è quindi - contrariamente al nostro uso - solo la parola che definisce il tempo: tipo di battuta, categoria delle note e termine indicante il tempo formano insieme qualcosa di simile a un modulo per la precisazione sia dello schema di accentazione che della velocità, del carattere e del modo di suonare, cioè del «movimento» nel senso più ampio. Quasi tre quarti di tutte le indicazioni di tempo verbali di Mozart non si riferiscono pertanto a una «unità di tempo», indipendentemente da quale frazione della battuta si presenti nella pratica allo scopo.

Il lavoro dell'interpretazione non diventa con ciò più semplice. L'affermazione di Hans Swarowski, che Mozart abbia solo «due tempi veloci, uno intermedio e uno lento»(34) è così poco sostenibile come la diffusa credenza che le indicazioni metronomiche ottocentesche sulle opere di Mozart, come quelle di Tomaschek, Hummel, Czerny, G. Weber, Schlesinger e altri, forniscano informazioni obbiettive sui suoi tempi. Esse testimoniano, nel migliore dei casi, del mutato gusto del tempo di Rossini, e sono per la nostra comprensione di Mozart assolutamente irrilevanti.(35) Aggiunte metronomiche di qualsiasi origine contraddicono, in linea di principio, l'essenza dei tempi classici.(36) I tempi classici hanno origine in un epoca non ancora «tecnificata-tecnofissata», e mirano a farsi trovare in modo artigianale dagli esecutori stessi, benché al'interno di un sistema altamente differenziato e complesso di parametri musicali correlati.

Non resta altro che interrogare Mozart. Egli si è espresso sul tema tempi, in passaggi delle sue lettere, solo sporadicamente e non sempre in maniera chiara; affrontava invece la cosa con molta esattezza, come abbiamo visto, riguardo alle indicazioni nelle partiture.(37) Si tratta di prendere queste indicazioni altrettanto sul serio che gli altri elementi del suo linguaggio musicale. All'interprete si richiede più che musicalità, sensibilità stilistica e la conoscenza del significato delle denominazioni dei tempi in generale. Egli non potrà fare a meno di comparare, con il brano che ha davanti, altri brani di Mozart con lo stesso tipo di battuta, di note adoperate e di indicazione verbale. Quasi sempre ne troverà di simili, a volte nella stessa composizione, per la maggior parte in composizioni degli stessi anni; spesso troverà persino un brano comparabile, che «sospinga con la forza nel suo movimento naturale» (Leopold Mozart) così tanto, che il suo tempo non ponga alcuna questione. A seconda della loro denominazione verbale, brani più lenti con lo stesso tipo di battuta e di note adoperate possono servire da referente insieme a brani più veloci. Indicazioni non autografe possono essere confrontate con autografe. Accanto a tipo di battuta, note adoperate e espressione indicante il tempo, devono venire considerati anche densità armonica, metrica, ritmo e articolazione, così come a seconda dei casi il testo, la sua metrica e (con particolare prudenza!) la situazione drammaturgica. Tempi adeguati per la musica sacra possono essere diversi da quelli per la musica da camera, e questi dai tempi in opere e sinfonie.

Attraverso un simile confronto di interi brani si chiarirà come posizionare il pezzo da eseguire all'interno del sistema completo; metrica, ritmica e la denominazione del tempo forniranno una base affidabile per una realizzazione non solo «musicale», ma anche - come chiesto da Türk - «logicamente giusta». Non si troverà, in questo sistema ricco, artistico e vitale, l'«unico tempo giusto», «autentico», fissabile col metronomo; ma si cercherà invano una giustificazione per la noia di tempi precipitati che travolgono ogni dettaglio, o per il digiuno quaresimale di tempi troppo lenti.

La musica di Mozart non si lascia incastrare in un sistema semplice; la combinazione dei segni per l'esecuzione esige un'infinita pluralità di fini graduazioni del tempo, dell'accentazione e del modo di suonare. Gli oltre trecento diversi modelli o moduli di movimento sono un mezzo ideale di rappresentazione, perché non rigidamente fissabili: precisi e allo stesso tempo adattabili. Una volta decifrati ci aiutano a liberare la musica fissata su carta in vibrazioni reali, in un tempo reale, il nostro tempo.

Scopo di quest'articolo era fornire stimoli per confronti trasversali appropriati all'interno della musica di Mozart; la mia analisi, in corso d'opera, di tutte le indicazioni di tempo di Mozart produrrà a questo scopo materiale e strumenti. Certo molti aspetti del campo in cui abbiamo appena messo il piede richiedono ancora ulteriori ricerche, per cui una viva discussione porterebbe avanti il tema che riguarda tutti noi. Ma in ultima analisi può essere lasciato all'interprete, di trovare all'interno del sistema di Mozart il tempo che gli appaia «giusto» in quel giorno, per quel pezzo, in quella sala, per quell'organico e per quel pubblico.